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Mercati ed economia
Breve riepilogo: Sette domande sulla recessione in Europa
Robert Lind
Economista

Di recente mi è stato chiesto come potessi far quadrare la mia visione di un'economia europea più resiliente con i principali indicatori finanziari, che segnalano una forte recessione.


Lo scorso autunno pensavo che fossimo sull'orlo di una profonda recessione in tutte le principali economie europee. Prevedevo una contrazione del prodotto interno lordo reale1 (PIL) nella seconda metà del 2022 e poi un calo dell'1-2% nel 2023 in Germania, Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito. I prezzi dell'energia erano alle stelle, l'inflazione era elevata e la compressione dei redditi reali intensa. Altrove, i rendimenti obbligazionari reali (ovvero la differenza tra il tasso d'inflazione e i tassi d'interesse) erano balzati dai minimi, il sentiment si stava indebolendo e la crescita della massa monetaria2 stava calando in misura significativa - generalmente indice di una grave recessione. Più in generale, crescevano le preoccupazioni per una recessione degli Stati Uniti e per la persistente debolezza dell’economia cinese.


Mi sbagliavo. L'economia europea si è dimostrata sorprendentemente solida nella seconda metà del 2022, soprattutto perché la domanda interna (consumi e investimenti) ha retto meglio del previsto (con un aumento dei redditi reali e una riduzione dei risparmi). Più di recente, le indagini sul sentiment (Commissione europea, Indice dei responsabili degli acquisti (PMI), indice IFO tedesco sul clima economico) hanno mostrato un ampio miglioramento della fiducia dei consumatori, dell'industria, dei servizi e del commercio al dettaglio. Gli indicatori prospettici hanno registrato alcuni dei maggiori miglioramenti, cogliendo di sorpresa quasi tutti gli economisti: Goldman ha rivisto sostanzialmente al rialzo le sue previsioni sul PIL e ora ad esempio non vede più una recessione nel 2023 ma anzi una ripresa continua nel 2024.


Lo scorso autunno ero troppo pessimista e finora l'economia è andata molto meglio del previsto. Credo che le ragioni siano molteplici, ad esempio il calo dei prezzi dell'energia, il cambiamento dei comportamenti di consumo, un maggiore sostegno fiscale e la domanda repressa dovuta alla pandemia. Tuttavia, faccio fatica a misurare il significato di tutto questo per l'economia sia quest’anno che nel 2024.


I colleghi del reddito fisso mi hanno più volte avvertito dei segnali negativi provenienti dai mercati obbligazionari (aumento dei rendimenti reali, appiattimento delle curve dei rendimenti3calo della massa monetaria). Altri hanno sottolineato il balzo di quasi 300 punti base dei rendimenti reali nei principali mercati nell'ultimo anno. Ad esempio, il rendimento reale a 10 anni della Germania è ora positivo per la prima volta dall'inizio del 2014; lo scorso marzo era pari a -2,7%4


Mi resta però una serie di domande:


- Per le economie/mercati è importante la variazione o il livello dei rendimenti reali?


- Con che rapidità le banche centrali abbandoneranno la loro attuale strategia di rialzo dei tassi?


- Assisteremo a un atterraggio morbido5 negli Stati Uniti?


- Quanto possiamo aspettarci dalla riapertura della Cina?


- L'Europa sta superando lo shock energetico meglio di quanto ci si aspettasse?


- La politica fiscale è diventata strutturalmente meno rigida?


- Stiamo assistendo a un comportamento reflazionistico da parte del settore privato dell'Eurozona (meno risparmio, più spesa), distinto dalla mentalità deflazionistica degli anni 2010?


Non ho risposte definitive a queste domande e quindi, per ora, ho fatto quello che tende a fare la maggior parte dei previsori (qualcuno ricorderà l'avvertimento di JK Galbraith: "Ci sono due tipi di previsori economici: quelli che non sanno e quelli che non sanno di non sapere"). Ho spostato la debolezza inizialmente prevista per la seconda metà del 2022 nella prima metà di quest'anno e ora ritengo che si tratterà di una contrazione più lieve con una ripresa più contenuta nella seconda metà del 2023. Prevedo una recessione più lieve nell'Eurozona (soprattutto in Germania), con un calo del PIL su base annua di circa lo 0,25-0,50% nel 2023. Probabilmente il Regno Unito farà più fatica a causa di un’inflazione più elevata, del minore sostegno fiscale e della sensibilità all'aumento dei tassi di interesse (-1% del PIL nel 2023).</h4> <h4>Sono più prudente di chi crede che l’Eurozona riuscirà a scongiurare la recessione, ma allo stesso modo sono meno ribassista del solito. Pur comprendendo le ragioni per cui alcuni colleghi sono più ribassisti, ritengo che sia estremamente difficile prevedere una profonda recessione con uno o due trimestri di anticipo. Accetto il rischio, ma non credo di poter prevedere un crollo su larga scala della fiducia dei consumatori e delle imprese. Gli ultimi dati suggeriscono che non stiamo assistendo a nulla del genere, nonostante i segnali negativi provenienti dall’offerta di moneta e dalla curva dei rendimenti.


Potrebbe essere una questione di tempistiche o forse il comportamento del settore privato nell’Eurozona è cambiato rispetto all’esperienza dell’ultimo decennio, il che farebbe lievitare il tasso d’interesse reale necessario per rallentare l’economia. Naturalmente, la Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe ancora spingere i tassi a un livello tale da innescare un crollo, ma credo che sia più propensa a tollerare un’inflazione moderatamente al di sopra del target piuttosto che rischiare una profonda recessione e l’instabilità finanziaria che potrebbe comportare.


Sono molto più preoccupato per il Regno Unito, dati i suoi profondi problemi strutturali, la sua fragilità di fronte a grandi shock e l’evidente disancoraggio delle aspettative inflazionistiche tra i consumatori e le imprese. Tuttavia, è ancora molto difficile prevedere una profonda recessione (in stile crisi finanziaria globale), perché molto dipende da come il settore privato risponderà all’aumento dei tassi d’interesse e al calo dei prezzi delle case. Considero una recessione profonda come uno scenario di rischio piuttosto che il mio scenario di base.


1. Una misura corretta per l’inflazione che riflette il valore di tutti i beni e servizi prodotti da un’economia in un dato anno.


2. Nota anche come M1 reale, si tratta di un’offerta monetaria composta da valute, depositi a vista e altri depositi liquidi, compresi i depositi di risparmio.


3. La curva dei rendimenti è una linea che traccia i rendimenti (tassi d’interesse) di obbligazioni con la stessa qualità creditizia, ma date di scadenza diverse. Un appiattimento della curva, in cui le obbligazioni a più lunga scadenza offrono rendimenti simili a quelli a breve termine, indica che gli operatori prevedono un indebolimento dell’attività economica.


4. Al 26 gennaio 2023. Fonte: Repubblica Federale di Germania, Finanzagentur GmbH.


5. Un moderato rallentamento economico dopo un periodo di crescita.


 


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Robert Lind è un economista presso Capital Group. Vanta un’esperienza di 36 anni nel settore degli investimenti, di cui sette in Capital Group. Prima di entrare nella società, ha lavorato come capo economista presso Anglo American ed è stato responsabile della ricerca macroeconomica presso ABN AMRO. Ha conseguito una laurea in filosofia, scienze politiche ed economia presso l’Università di Oxford. Attualmente opera dalla sede di Londra.


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