Se il campo di battaglia sembra familiare, è perché si tratta degli stessi Stati contesi nel 2020. I primi da tenere d'occhio a novembre sono Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. Questi sono gli Stati tradizionalmente in bilico, che potrebbero quindi propendere da una parte o dall'altra. Negli ultimi anni, anche altri due Stati, ovvero la Carolina del Nord e il Nevada, hanno fatto da palcoscenico a campagne molto combattute e pertanto rientrano spesso nella "lista di controllo".
Ancora una volta, il risultato finale dipenderà da una manciata di Stati e da una cerchia ristretta di elettori: decisivo nella scelta del prossimo Presidente degli Stati Uniti sarà infatti il voto di meno di 100.000 americani.
3. La politica fiscale avrà il maggiore impatto a lungo termine
I principali sgravi fiscali varati sotto l'amministrazione Trump saranno rinnovati nel 2025. La proroga o la scadenza dipenderà molto da chi controllerà la Casa Bianca e il Congresso dopo le elezioni del 2024.
Il Tax Cuts and Jobs Act del 2017 ha apportato modifiche significative al codice fiscale federale, con conseguente riduzione generale delle imposte sulle persone e sulle imprese. Secondo varie stime, si prospetta una riduzione delle entrate federali di quasi 1.500 miliardi di dollari in 10 anni. I sostenitori ritengono che questo provvedimento favorisca la crescita economica, mentre secondo i critici andrebbe ad aggravare il debito nazionale.
Una seconda amministrazione Trump, con il sostegno di un Congresso controllato dai Repubblicani, estenderebbe probabilmente le principali disposizioni della legge, mentre un governo Biden cercherebbe verosimilmente delle alternative, come l'aumento delle tasse sulle imprese e sulle persone fisiche, anche se l'attuale Presidente si è impegnato a non incrementare l'onere fiscale su chi guadagna meno di 400.000 dollari all'anno.
Inoltre, il limite del debito degli Stati Uniti verrà nuovamente preso in considerazione nella primavera del 2025, creando una nuova pressione sulle iniziative fiscali e di spesa. Alla fine del 2023, il debito nazionale ha raggiunto un nuovo massimo di 34.000 miliardi di dollari.
Con il deficit annuale e il debito nazionale molto più consistenti oggi rispetto a quando Trump è entrato in carica nel 2016, queste sfide non saranno facilmente risolte da nessuno dei due partiti. Le modifiche alle aliquote fiscali e ai programmi di risparmio pensionistico sono quasi sempre sul tavolo delle discussioni, indipendentemente da chi è al comando. Quando Washington cerca nuovi modi per raccogliere fondi, il settore pensionistico è spesso oggetto di un minuzioso esame: anche in questo caso quindi lo osserveremo da vicino quando i candidati alle cariche sveleranno le loro proposte economiche.
4. Non permettere alla politica di far deragliare i piani d'investimento
Oltre alle questioni economiche, molte altre saranno oggetto di dibattito nel corso della campagna elettorale: l'immigrazione, l'aborto, i cambiamenti climatici e il commercio globale saranno certamente tra queste. Nel campo delle relazioni internazionali, sentiremo parlare delle guerre in Ucraina e in Medio Oriente e delle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Cina.
Tutto questo potrebbe tradursi in una certa volatilità dei mercati, soprattutto all'avvicinarsi del 5 novembre. I mercati odiano l'incertezza e queste elezioni ne produrranno molta. Ma c'è un aspetto fondamentale da tenere a mente: nel lungo termine, fin dagli anni '30, le azioni statunitensi si sono mosse quasi sempre al rialzo verso la fine del mandato di un presidente rispetto al relativo insediamento, a prescindere dalla relativa affiliazione partitica.